L'arrivo di David Tertius Orseolo

Ospite

La nebbia saliva dai fiumi, dalla terra, dai prati umidi di pioggia e copriva ogni cosa: i seminati e le vigne, le fattorie sparse nella campagna, le stalle e i fienili, lasciando emergere solo le cime delle piante più alte, le querce secolari, gli olmi e i loppi, le piante che avevano visto passare persone diverse nei secoli, nobiluomini, nobildonne e cavalieri, e che ora vigilavano, nudi e silenziosi giganti, i campi colonizzati, il reticolo degli assi stradali segnati da lunghi filari di pioppi e da cippi di pietra che ne riportavano il numero e l'orientamento.
Qua e là si vedevano vignaioli potare le viti che stillavano lacrime opache, la linfa che scorreva nelle loro vene anticipando la primavera ancora muta. Verso occidente le mura della città si ergevano umide con i grandi conci di pietra grigia dell'Appennino e a meridione, la cima coperta di neve del monte, una grande piramide dal vertice smussato.

I pochi mercanti ambulanti, con a spalla l’oblunga cassetta, erano sempre i benvenuti tra le ragazze che, alla vista di tanti aggeggi cittadini, riposti qua e là nei misteriosi cassettini, vi spendevano qualche palanca, sovente catturata dalla calza dei vecchi, domiciliata sotto il pagliericcio, per acquistarvi quelle piccole cose che formavano la loro gioia, simile a quella dei bambini all’apparire di nuovi balocchi.
Talora ne sortivano furtivamente, anche certi libri non del tutto castigati, dove si parlava d’amore, che male si sarebbero adattati in un collegio per fanciulle, ciprie ed unguenti profumati alla violetta, in eleganti scatolette.

Nelle festività tradizionali, come quella cui il popolo era spettatore in quel giorno, fungeva da salotto di convergenza e di lieto incontro di conversari, per l’apporto di genti di altre parrocchie, la piazza, e in tali riunioni giovanili plenarie vi era più ampia possibilità di scelta tra l’irrequieto novellame: correvano delle promesse, degli impegni, qualche motto amoroso ed anche pacificamenti.

Le vigilanti mamme, tramite le solerti comare poliziesche, e sotto forma di giuramento a dita incrociate, venivano in breve a conoscere qualcosa delle figliolanze e a richiesta la giovane si confidava.
In qualche circostanza si ballava. All’invito la bella aderiva, spesso in silenzio con un cenno del capo, avendo perso la lingua della quale faceva sfoggio ed uso in compagnia delle amiche, e così avveniva la danza tra uno svolazzar di macro-gonne e uno scalcio di calzature.
Erano fortunate quelle ballerine che potevano ostentare scarpette di cuoio, poiché erano d’uso le ciabatte, che si lasciavano momentaneamente alle soglie di questa moschea di danza per ballare, a danno delle nere calze di cotone, le quali finivano di consumarsi.

D'un tratto nella nebbia si materializzò un portone e un martello o anello fissato all’uscio di quest'ultimo per picchiare.
"TOC! TOC!"
Attendeva con animo fiducioso il realizzarsi di quel qualcosa da cui ci si ripromettono soddisfazioni o esiti comunque positivi; anche, ritenere, senza averne la certezza, che qualcosa possa essere o verificarsi in modo conforme ai propri desideri.
Sperava di non avere percorso quella lunga strada invano e che la sua richiesta d'ingresso al Priorato fosse accettata.

S.E. il Gran Ospitaliere Messaggi : 776

Lia Amar si trovava nei pressi del portone con in mano la sua valigia in cui aveva messo il necessario per un piccolo viaggio.
Era tempo che non metteva il muso fuori, ultimamente era sempre circondata da quattro mura, il lungo studio la portava spesso a chinare il capo su mastodontici libri, per non parlare poi dell'economia, delle finanze e tutto ciò che è affine alla matematica.
Allungò la mano verso il portone per aprirlo ma fu anticipata da due colpi decisi che la fecero sobbalzare, era troppo presa dai suoi pensieri che non si aspettava la presenza di altre persone al di là del Castello.

Che spavento, chi sarà?! disse poggiando la valigia a terra.

Si avvicinò allo spioncino, era buona norma osservare chi c'era dall'altra parte, ma non vedeva proprio nessuno davanti a sè, si spostò ancora un po' con lo sguardo e vide la sagoma di un uomo, non capiva chi fosse non vedendolo bene in volto, allora si affrettò a chiedere.

Chi siete Buonuomo?

Ospite

"Sono David Tertius Orseolo e vengo da Massa. Ho fatto richiesta per entrare nel Priorato però non ho ancora avuto risposta. Non vorrei avere percorso tutta questa strada per nulla" disse il ragazzo sconsolato.

S.E. il Gran Cancelliere Messaggi : 187 Località : Massa

Aloysius venne avvertito dell'arrivo di un ospite al castello così si diresse ai cancelli per incontrarlo.

Giunto al portone salutò sorridendo Farmina quindi si rivolse all'uomo.

"Sono Aloysius Hohenstaufen di Svevia, Gran Cancelliere del Priorato di Sion, ho visto che avete fatto domanda d'ingresso nel Priorato e sarò io a guidarvi in questo percorso. Per cominciare vorrei sapere come siete venuto a conoscenza di quest'Ordine. E prima di considerare la vostra domanda d'ingresso credo sia necessario nel caso in cui non lo sapete che voi conosciate i scopi, i doveri e gli obblighi che comportano la vita all'interno dell'Ordine." Il cavaliere fece una breve pausa e guardò l'uomo sorridendo quindi continuò. "Sapete, entrare in un Ordine Militare è una cosa importante e questa scelta va ponderata molto bene"

Ospite

David si rivolse al Cavaliere. L’armatura splendeva dinanzi alla tiepida luce del Sole così che si inginocchiò pronunciando le seguenti parole: “Capisco la necessità di conoscermi prima di appartenere a questo Ordine, Cavaliere. Sono David Tertius Orseolo e desidero assolvere a tutti i doveri del Priorato. Voglio andare in cerca di avventure, al fine di procurarmi fama e rinomanza , difendere i poveri e i deboli, portare soccorso a chiunque a buon diritto lo richiedesse, combattere per la difesa e il benessere del mio paese lavorare per l'onore, non per vantaggio personale, non mancare mai ad una promessa per nessun motivo, sacrificarmi per l'onore del mio paese e piuttosto morir con onore che fuggir con ignominia.” E poi alzò gli occhi verso il Gran Cancelliere del Priorato di Sion “Non appartenevo, né appartengo, né apparterrò ad alcun partito politico e tutto il tempo che avrò lo impegnerò per l’Ordine.” Si schiarì poi la voce e ricominciò a parlare prendendo secondo dopo secondo, minuto dopo minuto sicurezza nelle parole e ben presto queste parole si trasformarono in Giuramento: “Mio zio mi ha narrato di cavalieri votati al coraggio il cui cuore conosceva solo la virtù, la loro spada difendeva gli inermi, la loro forza sosteneva i deboli, la loro parole dicevano solo la verità, la loro ira abbatteva i malvagi e io prometto solennemente che farò tesoro di queste virtù e Vi offrirò il mio braccio, proprio perché penso che qui vi sia tutto quello che desideri, che soddisfi i miei sogni e non vedo l'ora di incominciare.” Poi con aria di sottomissione ripeté e e sue labbra si tramutarono in un sorriso: "Non vedo l'ora di mettermi al Vostro servizio." E rimase in attesa di una missiva che gli consentisse l'accesso al Priorato.

Pigreco in quei giorni era piuttosto inquieto, da quando era stato nominato membro nel Consiglio di Guerra Imperiale le missive da Strasburgo giungevano numerose e tutte richiedevano attenzione e, soprattutto, risposte ragionate.
Dopo qualche ora di impegno il Principe Sovrano Maestro decise di percorrere il perimetro interno del castello e godere di quella immensa struttura in pietra che un tempo aveva protetto i suoi antenati da nemici agguerriti.

Pigreco notò tre figure intente a discutere; uno dei tre era suo figlio che riconobbe dal portamento, la seconda persona era probabilmente sorella Farmina che in quel periodo frequentava assiduamente la biblioteca del castello per i suoi studi universitari, ma la terza non avrebbe saputo identificarla... decise di avvicinarsi e scoprì che in effetti quella persona era a lui sconosciuta.
"Sorella Framina, Venerabile Fratello Aloysius..." disse loro salutandoli e subito dopo porgendo la mano destra all'uomo che era con loro
"Salve messere, sono Pigreco Hohenstaufen di Svevia e sono lieto di vedervi quivi" si presentò
"benvenuto al Castello del Priorato di Sion!" disse per poi lasciare la parola all'ospite.

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